Cari fratelli e sorelle, ricordiamo un avvenimento terribile che ottanta anni fa ha colpito Pont-Saint-Martin, provocando nel paese una sofferenza immane: centotrenta morti, dei quali quaranta bambini. Vogliamo deporre, ancora una volta, sull’altare di Dio la sofferenza che ha segnato e continua a segnare la memoria collettiva di Ponte e di tante sue famiglie. Lo facciamo con umiltà e delicatezza, soprattutto con fede, sapendo che Dio è Dio della vita e non della morte.
Non possiamo però non deplorare l’orrore per quanto è accaduto qui – civili innocenti e ignari sacrificati alla strategia militare – e continua ad accadere in tante parti del mondo, ogni giorno. Non possiamo non dirci che la guerra è insensata, a volte ineluttabile quando un popolo deve difendersi da un’aggressione, ma sempre insensata nella sua origine e nella sua natura. È mai possibile che, dopo millenni di storia, gli uomini ancora pensino che la violenza sia il modo per affrontare e risolvere i contenziosi che inevitabilmente insorgono tra le persone e tra i popoli? L’unica cosa che l’umanità sembra aver imparato è la produzione di armi sempre più sofisticate. Questo è diabolico!
Di fronte alla tragedia di ieri e alle tragedie di oggi la Parola di Dio avanza una promessa e una proposta.
La promessa: Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano. La Parola di Dio non parla solo della morte fisica, ma anche della morte del peccato, della violenza e dell’indifferenza. La promessa di Dio garantisce che quando l’uomo si abbandona alla forza dello Spirito il miracolo della pace può accadere. Ma la pace è figlia del perdono e della riconciliazione. Fino a quando l’uomo pensa di piegare le sorti della storia al proprio interesse personale o nazionale, la pace non può fiorire e quando fiorisce solo per calcolo strategico porta dentro di sé il seme velenoso di nuove guerre. Chiediamo nella preghiera il dono della conversione per noi e per tutti coloro che detengono le leve del potere nel mondo. Facciamo innanzitutto esperienza del perdono di Dio. Da qui possono scaturire percorsi di riconciliazione. Così scrive papa Francesco: «Perdonare non cambia il passato, non può modificare ciò che è già avvenuto; e, tuttavia, il perdono può permettere di cambiare il futuro e di vivere in modo diverso, senza rancore, livore e vendetta. Il futuro rischiarato dal perdono consente di leggere il passato con occhi diversi, più sereni, seppure ancora solcati da lacrime» (Spes non confundit 23).
La proposta che la Parola di Dio ci fa è il grande comandamento dell’amore: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente … Amerai il tuo prossimo come te stesso
È un comandamento a due facce, non ci può essere una senza l’altra. Il mondo potrebbe cambiare se adottasse la proposta di Gesù. Sembra utopistico, ma possiamo cominciare noi: tornare a Dio, pregare in famiglia, partecipare alla Messa non ci allontana dalla realtà, ma ci avvicina agli altri, ci rende più sensibili ai loro bisogni, ci dona il desiderio e la forza di voler loro bene e di fare loro del bene, condividendo, pazientando, perdonando. È come immettere nella società l’antidoto al veleno della violenza. Così sia!