Cari fratelli e sorelle, carissimo fra Giuseppe,
la Parola proclamata illumina e guida la nostra assemblea, convocata per celebrare il giorno del Signore e le sue grandi opere a salvezza dell’umanità, opere che si rinnovano oggi nel dono che a te viene conferito con l’ordinazione sacerdotale.
Raccolgo da san Paolo – che difende la sua missione apostolica – tre luci che consegno a tutti e, particolarmente, a te, caro fratello, come lampade che accompagnino il tuo ministero nella Chiesa di Dio, ministero che ti auguro lungo, fecondo e generoso.
L’amore del Cristo ci possiede
La prima luce risponde a una domanda che molti potrebbero farti: «Che cosa ti muove? Che cosa ti porta qui oggi perché su di te siano imposte le mani?».
La risposta dell’Apostolo è lapidaria. Il verbo che egli usa dice pressione, quasi costrizione. C’è qualcosa di superiore alle sue forze che lo invade e lo domina interiormente. È la forza dell’amore di Cristo. Non è tanto l’amore di Paolo per Cristo quanto l’amore di Cristo per Paolo e per tutti i salvati, un amore così grande da spingerlo a dare la vita per i suoi amici (cfr Gv 15, 13). Possiamo capire meglio riascoltando quanto san Paolo aveva scritto, sempre ai Corinti, nella prima lettera: Annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato (1 Cor 9, 16-17).
È questo, caro fra Giuseppe, che noi oggi chiediamo allo Spirito per te! L’esperienza quotidiana della dedicazione a Dio nell’obbedienza e la continua meditazione della Sacra Pagina siano per te immersione nell’amore di Cristo: ti avvolga e ti muova dal di dentro a metterti al servizio del popolo di Dio e dell’umanità intera chiamata a diventare popolo di Dio!
Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano
più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro.
Che cosa sei chiamato a fare? Ecco una seconda domanda. Sei chiamato non solo a entrare nel mistero della Pasqua del Signore, ma a renderlo presente nella sua efficacia di salvezza per l’oggi degli uomini tuoi fratelli. Questo farai attraverso la Parola predicata e l’Eucaristia celebrata. Predicazione e Sacrificio eucaristico saranno come le mani del tuo ministero sacerdotale. Con esse il Padre edifica la Chiesa del suo Figlio e plasma l’umanità nuova. Recentemente papa Francesco ci ha rivolto una raccomandazione: «Mediante i Sacramenti, i credenti diventano capaci di profezia e di testimonianza. E il nostro tempo ha bisogno con particolare urgenza di profeti di vita nuova e di testimoni di carità: amiamo dunque e facciamo amare la bellezza e la forza salvifica dei Sacramenti!». In questo tempo tanto faticoso e ambiguo, dobbiamo riscoprire e praticare, far riscoprire e praticare la forza di trasformazione che i Sacramenti contengono e mettono in atto nella vita delle nostre comunità per il mondo: ogni volta che la Parola viene annunziata nella fede e diventa realtà di grazia nel Sacramento l’uomo vecchio muore per risorgere rinnovato a immagine dell’uomo nuovo, Cristo Signore. Così si instaura il Regno di Dio e avanza la nuova creazione!
Se uno è in Cristo, è una nuova creatura;
le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Che cosa sei chiamato a essere? Una nuova creatura, risponde san Paolo. Sei innanzitutto rimandato alla dimensione battesimale della tua vita, segnata dalla professione religiosa, e alla gioiosa appartenenza al popolo dei redenti, fratelli e sorelle che in Cristo sono carne della tua carne e dai quali non devi mai allontanarti o distinguerti. Ogni battezzato, ognuno di noi, in quanto immerso nella morte di Cristo e con lui rinato a vita nuova è diventato nuova creatura, dotata di fede, speranza e carità, membro prezioso del popolo escatologico di Dio che anticipa nell’oggi il tempo finale della salvezza. Così il Padre ricrea in Cristo l’umanità. E noi, salvati per grazia, siamo chiamati a essere segno di questa umanità nuova con i nostri pensieri, parole, azioni e relazioni. A questo siamo tutti chiamati.
Il sacerdote, in quanto ministro di Cristo, partecipa della sua azione rigeneratrice. Ancora san Paolo: Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore, finché Cristo non sia formato in voi. Così scrive ai Galati (4, 19) parlando dell’amore paterno e materno che deve abitare il cuore di ogni apostolo: desiderio trepidante di condurre a Cristo quanti gli sono affidati, accompagnandoli ad assumere la sua forma. Non si parla di qualche riferimento esterno e superficiale a Cristo e al suo Vangelo, ma di un lavoro profondo che tocca l’essere e l’operare del fedele, una vera iniziazione al mistero di Cristo. Parlare di forma di Cristo ci rinvia all’immagine e somiglianza con Dio, secondo le quali l’uomo è stato creato (cfr Gn 1, 27) e che l’uomo Cristo incarna appieno e trasmette ai suoi discepoli che lo ascoltano, lo seguono, lo incontrano nei suoi misteri. Paolo, ogni apostolo, tu, caro Giuseppe, siamo chiamati ad accompagnare coloro che hanno accolto l’annuncio del Vangelo e sono guidati dallo Spirito sulle vie della libertà dei figli di Dio.
Così sia per te, caro fratello! Lo Spirito ti guidi a vivere non per te stesso, ma per Cristo e per la sua Chiesa, ogni giorno, consegnando a tutti con generosa e affabile semplicità evangelica il frutto della tua contemplazione e dedicazione. E questa sia la tua gioia! Amen.